Un Tesoro Nascosto In Calabria
Benvenuti a San Floro, una gemma incastonata tra le colline della Calabria, ricca di storia millenaria e tradizioni uniche. Questo piccolo borgo, avvolto dal fascino delle sue stradine acciottolate e circondato da paesaggi mozzafiato, è il luogo perfetto per chi cerca autenticità e bellezza.
San Floro vanta una storia che si perde nei meandri del tempo. Le sue origini risalgono a epoche antiche, e ogni pietra racconta storie di conquiste, culture che si intrecciano e comunità che si sono evolute mantenendo salde le proprie radici.
L'allevamento dei Bachi da Seta
Il cuore pulsante di San Floro è l’arte millenaria dell’allevamento dei bachi da seta. Un’arte tramandata di generazione in generazione, che si svela in ogni filo di seta prodotto con cura e maestria. Lasciatevi affascinare da questo processo unico.
Storia e Origini
L’allevamento dei bachi da seta a San Floro affonda le sue radici in tempi antichi. Questa pratica millenaria è stata tramandata di generazione in generazione, diventando parte integrante della cultura e dell’economia locale. Le origini di questa tradizione si perdono nei meandri del tempo, ma la sua importanza e bellezza sono più vive che mai.
Il Ciclo di Vita del Baco da Seta
L’arte dell’allevamento dei bachi da seta ruota attorno al ciclo di vita del baco. Il processo inizia con la selezione attenta dei bachi e la fornitura di un ambiente adatto alle loro esigenze. Le uova vengono incubate, dando vita ai piccoli bruchi che, in breve tempo, crescono e passano attraverso diverse fasi di sviluppo.
Il momento più straordinario arriva quando i bruchi producono il loro bozzolo di seta. Durante questa fase, i bachi secernono un filamento continuo di seta attorno a sé stessi per formare il bozzolo. Questo filamento può raggiungere una lunghezza sorprendente di diversi chilometri. Una volta completato il bozzolo, il baco entra nella fase di trasformazione, emergendo infine come una farfalla.
L’Arte della Raccolta della Seta
La raccolta della seta è un momento cruciale e richiede una grande maestria. I bozzoli vengono raccolti con cura e immersi in acqua bollente per ammorbidire il collante naturale prodotto dal baco. Successivamente, i filamenti vengono srotolati, creando le lunghe strisce di seta che diventeranno la base di pregiati tessuti.
Il Contributo all’Economia Locale
L’allevamento dei bachi da seta a San Floro non è solo un’arte, ma anche un’importante risorsa economica per la comunità. La produzione di seta alimenta un settore tessile locale, contribuendo alla creazione di capi pregiati e tradizionali. Questi prodotti, spesso realizzati a mano, conservano la bellezza della tradizione artigianale.
Preservare e Valorizzare la Tradizione
Nonostante i cambiamenti nel panorama economico e tecnologico, l’allevamento dei bachi da seta a San Floro continua a essere un simbolo di resilienza e dedizione. Gli abitanti del luogo lavorano instancabilmente per preservare e valorizzare questa arte millenaria, garantendo che le future generazioni possano ammirare la bellezza e la tradizione dei bachi da seta a San Floro.
Un piccolo borgo, tanta passione...
Il piccolo borgo San Floro, che rientrava nel territorio della colonia magno greca di Skylletion (Squillace), è una cittadina collinare che domina la Valle del Corace che grazie alla sua posizione geografica offre un paesaggio ricco di bellezze naturali.
Il centro abitato di San Floro è circondato da boschi e frutteti e l’orizzonte è incorniciato dall’azzurro del mare che lo rendono luogo ideale per villeggiare, grazie al clima mite e all’intreccio fra cultura, tradizioni e natura incontaminata.
La piazza centrale di San Floro sembra un’enorme terrazza panoramica dove la gente del posto si riunisce per trascorrere le ore di svago. Di sera lo scenario è spettacolare, con mille diamanti che punteggiano il cielo ed illuminano la vallata creando un’atmosfera magica ed incantata. A rendere ancor più magico ed incantevole il luogo contribuiscono la Chiesa di San Nicola ed il Castello Caracciolo. In quest’ultimo è presente il Museo Opificio permanente sull’arte della seta e della ceramica. Inoltre, è possibile ammirare la bellezza di alcuni palazzi nobiliari, restaurati di recente e visitare l’area naturalistica “La Pineta” che affronta la tematica della gelsi-bachicoltura.
Il Museo Della Seta
Il museo della Seta di San Floro è allestito all’interno delle mura del Castello Caracciolo, che domina la valle del Corace. Le pietre della struttura, risalente presumibilmente al 1400, custodiscono gelosamente i cimeli della storia sericola calabrese, avente come protagonista la città di Catanzaro, considerata tra il 1300 e il 1700 capitale europea della seta. Nella prima sezione sono conservati i costumi d’epoca, damaschi catanzaresi, paramenti sacri damascati e l’archeologia industriale tessile. In un’altra sezione sono esposti manufatti in seta greggia contemporanei, distinti per lavorazione all’uncinetto e tessuti al telaio antico a 4 licci. La terza sezione è dedicata al gelso, al baco da seta e alle fibre naturali. È presente anche un’area riservata alle tinture naturali, con un ricco assortimento di campioni di seta colorati con papavero, cipolla di Tropea, radice di robbia, margherita di campo, iperico e mallo di noce. Di recente allestimento è la sezione relativa alla seta nel mondo, con l’esposizione di tessuti e costumi tradizionali di Paesi che hanno uno stretto legame con la cultura serica, come Francia, Thailandia, India. Nell’ultima sezione è possibile vedere da vicino i telai, antichi e non, su cui tuttora i ragazzi della Cooperativa Nido di Seta tessono i preziosi manufatti. Un meraviglioso intreccio tra passato, presente e futuro.
Gli imprenditori Calabresi che producono la seta per Gucci
Probabilmente quando hanno aperto i battenti non si aspettavano che una maison di lusso conosciuta in tutto il mondo li avrebbe contattati per proporgli una collaborazione. E la cooperativa “Nido di Seta” è davvero traboccante di gioia per essere diventata fornitore di materia prima per una produzione di grande qualità, al 100 % made in Italy.
«Siamo tre ormai ex ragazzi che hanno fatto una scelta controcorrente. Io personalmente – racconta Miriam Pugliese – con i miei genitori mi ero trasferita in Lombardia quando avevo meno di un anno. E San Floro, un paese di pochissime anime nel Catanzarese, era il luogo in cui tornavo sempre. E qui, dopo varie esperienze , ho trovato la mia strada: coltivare bachi di seta insieme a due mie vecchie conoscenze, Giovanna Bagnato, e Domenico Vivino, oggi mio marito, che allora era fresco di una laurea da 110 e lode. Il nostro obiettivo? Riportare in vita una tradizione antica. E bisogna ricordare che Catanzaro è stata il centro manifatturiero d’eccellenza dell’arte della lavorazione della seta. Nel 2013 è così nata la cooperativa “Nido di Seta” e nel 2014 abbiamo iniziato con i primi allevamenti».
I ragazzi hanno cominciato a lavorare su un terreno comunale abbandonato, di 5 ettari, non sono proprietari di nulla, ma di fatto hanno accesso tradizione e futuro nel piccolo centro a 270 metri di altezza che aspettava il suo riscatto: «Alla fine abbiamo pensato di sfruttare una risorsa per far rinascere anche il territorio. E tramite la seta abbattere nello stesso tempo quegli stereotipi dilaganti che accompagnano la nostra Calabria. Quando abbiamo iniziato avevamo ovviamente gli occhi puntati addosso perché di fatto stavamo facendo qualcosa di particolare: tornare a sporcarci le mani di terra come avevano fatto i nostri nonni. Ma alla fine ci siamo fatti apprezzare e abbiamo dimostrato che non stavamo seguendo una moda del momento».
E in questi 9 anni i tre “avventurieri” hanno compiuto un percorso che ha superato tutte le aspettative: «Inizialmente – precisa Miriam – pensavamo più a una vita bucolica e ad intrattenere qualche visitatore. E invece ci sono stati degli sviluppi importantissimi. Siamo l’unica realtà in Italia in cui tutto si basa sulla gelsi bachicoltura e per sostentarci abbiamo dovuto rendere la nostra attività multifunzionale. Abbiamo il lato agricolo che ci permette di realizzare tisane, confetture e liquori; il settore artigianale che parte dalla post-lavorazione del bozzolo e che ci consente di arrivare al prodotto finito. E questo è possibile, lo dico con grande orgoglio, grazie ad una rete di artigiane che lavorano in Calabria. E a tal proposito abbiamo cercato di creare una sorta di distretto tessile, ma al posto delle industrie, specializzate in ogni settore, abbiamo proprio delle risorse umane che lavorano nei loro opifici e fanno di fatto dei mestieri che stanno scomparendo. Un buon modo per combattere lo spopolamento dei borghi e dare lavoro alle donne che pagano più di tutte nella nostra regione la disoccupazione. E ancora il settore dell’accoglienza: nel 2019, prima della pandemia, abbiamo registrato 650 presenze. Altro nostro chiodo fisso? La formazione. Abbiamo istituito un’accademia che ci permette di formare su tutti i vari aspetti del progetto serico. Arrivano da tutto il mondo, ricercatori e designer, per ampliare la loro conoscenza. Ma il nostro desiderio è trovare persone che vogliono dedicarsi a questa professione. Ed anche per questo si è studiato un “piano B” per continuare la tradizione».
L’anno scorso con una start up innovativa di Roma è stato fatto un importante investimento per arricchire tutte le conoscenze, creando un primo prototipo di filanda che sia in grado di produrre un filato che vada bene sia per l’utilizzo artigianale che per le industrie del lusso. In modo che la tradizione dei nonni possa vivere anche sulle passerelle internazionali e soprattutto con il trascorrere delle stagioni: «Andiamo avanti con entusiasmo e devo dire che il complimento più bello è arrivato dai bambini che con stupore ci hanno detto: “Allora, quello che fate qui, lo possiamo rifare anche noi nelle nostre realtà”. Insomma stiamo trasmettendo la bellezza di fare qualcosa per la terra. Del resto, è inutile nasconderlo, i bimbi crescono con un’idea cupa e denigratoria di questo posto». E proprio ai giovanissimi Miriam in conclusione lancia un messaggio: «A tutti dico andate, perché se io non avessi fatto le esperienze lontano dalla Calabria non avrei apprezzato la nostra ricchezza. E soprattutto: poi tornate. Perché è necessario scrollarsi l’idea che ci hanno inculcato da quando siamo nati: ovvero che al Sud non c’è niente ».
Articolo di Claudia Benassai